Con quanti alberi si fa un bosco? È la domanda a cui tenta di rispondere il filosofo José Ortega y Gasset in un testo memorabile come le Meditazioni sul Chisciotte. Una domanda all’apparenza banale, ma a cui sembra impossibile dare risposta certa. D’altronde il bosco è una realtà che sfugge ai nostri occhi, non è composto dagli alberi che vediamo, semmai da quelli che non vediamo; il bosco è di fatto sempre un po’ oltre al punto in cui stiamo noi, il bosco è una mera possibilità. Eppure sappiamo in cosa consiste un bosco, e percepiamo di starci nel mezzo quando, appunto, gli alberi che abbiamo di fronte nascondono altri alberi, quando ci rendiamo conto che il paesaggio visibile sta occultando altri paesaggi invisibili. Dice Ortega y Gasset: “Gli alberi non lasciano vedere il bosco e proprio perché è così, in effetti, esiste il bosco”. Il tema che sviluppa Ortega y Gasset e che interessa la pittura di Antonio Sannino è il rapporto tra superficie e profondità, e più in generale il tema della visibilità. Dipingendo alcuni alberi che si affollano nel perimetro del quadro, Sannino coglie la profondità del bosco che sta dietro, cioè permette al profondo (il bosco) di occultarsi dietro alla superficie (gli alberi) e dunque per paradosso di manifestarsi attraverso essa, in una perfetta sintonia materica e spirituale. Infatti, dice ancora Ortega y Gasset: “Come il profondo ha necessità di una superficie dietro cui nascondersi, così la superficie, per esser tale, ha necessità di qualcosa su cui stendersi, celandola”. Ed è proprio in questa inestricabile endiadi superficie/profondità che si realizza il miracolo della visibilità e che avviene attraverso il colore. Non è la forma delle betulle pur compresse nello spazio a svelare nascondendola l’essenza del bosco, bensì è il colore che suggerisce la profondità della superficie; un colore steso quasi alla maniera dell’informale che lascia tralucere il supporto in alluminio, straordinariamente profondo nella sua luminosa superficie.